Dolcemente adagiata sulle propaggini orientali del Pollino, sorge il piccolo borgo di Civita, immersa in paesaggi mozzafiato e fiabeschi scenari modellati dalla natura nel corso dei millenni, riserve verdi di sentieri e di acque limpide che scorrono dal torrente Raganello, in cui si ammira lo splendido canyon, siti archeologici dove si possono udire echi lontani di una variegata cultura che ha visto il susseguirsi nel corso dei secoli di Greci,Romani,Bizantini e infine Albanesi.
Diversi eventi segnarono la storia del popolo albanese, ai continui invasori e dominatori il popolo che abitava l’Albania ha sempre saputo rispondere con la dignità, il valore e l’orgoglio di appartenere ad una stirpe fedele ai valori dell’onore e del coraggio. Alla morte di Skanderbeg si registrò la fuga dalla madrepatria e la scelta dei lidi italiani come rifugio,dove fondarono numerose piccole comunità.
Nata intorno al 1471,lungo l’antico itinerario già percorso dal popolo dei sibariti verso il Pollino nei pressi di un antico insediamento medievale “Castrum Sancti Salvatoris” distrutto da un violento terremoto, fu ripopolata dagli albanesi. Nulla sappiamo del precedente agglomerato, se non di un rudere di una cappella dedicata al Santissimo Salvatore. Ma non è da escludere però che questo piccolo paesino tra le rocce abbia potuto in un tempo molto remoto ospitare una popolazione greca come testimoniano i reperti trovati in località Valle dei Giudei e zona Mater chiesa e nell’alveo del Raganello.
Vicende alterne portarono Civita in mano ai Sanseverino di Bisignano che in seguito la concessero a Giorgio Paleologo Assan signore della stessa. Di nuovo in possesso dei primi fu venduta prima al barone Campolongo,in seguito al barone Tiberio d’Urso.
Rivendicata dai Serra nel 1657 restò in loro possesso fino al 1811. L’abitato di Civita è composto da tre rioni principali Sant’Antonio, Piazza e Magazzeno. Il disegno urbanistico riflette consuetudini di vita che discendono dall’emigrazione prima e dalla colonizzazione poi e si esprimono in forme di solidarietà e costumanze di vita che hanno permesso a questo popolo dopo più di 5 secoli di dimora in Italia di conservare la propria identità,lingua,costumi,religiosità, ma soprattutto l’ambiente,l’aver ripopolato vecchi siti non ha impedito loro di trasformarli in quelle che erano le necessità del tempo.
Civita è uno dei pochi paesi albanesi che ha mantenuto inalterata la sua struttura architettonica nel centro storico,la parte più antica del paese, il rione Sant’Antonio a monte del borgo presenta una struttura medioevale fatta di vicoli strettissimi la cui caratteristica peculiare è l’andamento circolare degli stessi che si affacciano nelle piazzette e li rendono scorci davvero unici, nella stagione primaverile ed estiva sono percorse da turisti in cerca di emozioni, profumi, suoni.
La storia di questa comunità è evidente nell’architettura delle case in pietra addossate le une alle altre,che creano una forte medioevalità, alcune delle quali sette per la precisione si distinguono dalle altre per la curiosa morfologia che ripropone i tratti di un volto umano, riflesso della distribuzione degli spazi all’interno della casa,arricchite da particolarissimi comignoli. I ritmi di vita in questo rione si rifanno al modello del vicinato “Gjitonia” in arbëresh, esso ha un significato socio-urbanistico e nello stesso tempo di solidarietà e spirito di appartenenza, dal punto di vista architettonico,la gjitonia è composta da un nucleo originario che solitamente è una casa signorile intorno alla quale sono stati sovrapposti nuclei minori che ne hanno modificato la struttura originaria.
Il rione Magazzeno il cui nome è tratto dalla presenza di un magazzino o deposito,un vecchio fabbricato,facente parte della Camera Ducale di Cassano. Secondo la tradizione orale il Magazzeno indicherebbe un abitato Castrum Sanctis Salvatoris ancor prima della venuta degli albanesi da parte di alcuni cassanesi che per sfuggire alle incursioni dei Saraceni avrebbero trovato riparo in questo luogo, resti di una chiesa dedicata al SS.Salvatore erano evidenti fino al secolo scorso nel piano del Magazzeno. Dal punto di vista urbanistico appare costruito da ampie strade e palazzi d’epoca. Due zone urbanisticamente diverse per scorci e vedute ma anche per che ritmi di vita.
Esperienza
Con il termine arbëresh si indicano le varietà linguistiche albanesi parlate in Italia dai discendenti degli albanesi che emigrarono nei secoli passati, fondando numerose colonie, disseminate nell’Italia centro meridionale.
Pertanto dal punto di vista linguistico l’arbëresh rispetto all’albanese attuale è caratterizzato in primo luogo da una serie di tratti conservativi poiché si è staccato dal ceppo comune circa 5 secoli fa e non ha partecipato alle innovazioni sviluppatesi successivamente nella lingua della madrepatria.
Allo stesso tempo però presenta tratti innovativi dovuti ad uno sviluppo autonomo avvenuto dopo l’emigrazione e talvolta influenzato dal contatto con l’elemento italo-romanzo.
Quindi i dati delle parlate italo-albanesi sono utili per arricchire ulteriormente l’antica eredità indoeuropea della lingua albanese con elementi della madrepatria andati perduti, d’altro lato sono indispensabili per comprendere e definire le tendenze dell’evoluzione della lingua albanese prima e dopo l’emigrazione.
L’italo-albanese manifesta nella struttura grammaticale e nel lessico una serie di tratti tipici del dialetto tosco.
Cinque secoli di contatti sempre più accentuati tra queste comunità alloglotte e le popolazioni circostanti hanno portato ad una graduale erosione esercitata dal dialetto romanzo sulle varietà italo-albanesi di cui l’interferenza linguistica rappresenta la fase estrema dati l’alto grado di intensità del contatto e la forte pressione culturale non sono mancati casi di imitazione di tratti strutturali a livello fonologico e sintattico, anche se l’influenza strutturale è legata alla presenza di un bilinguismo diffuso, che per quanto riguarda l’italo-albanese è un fenomeno del secolo scorso.
All’epoca dei primi insediamenti infatti la conservazione della lingua fu favorita soprattutto dalla condizione di isolamento delle colonie albanesi per le quali si tramandano continui contrasti con le popolazioni locali soprattutto per la diversità di usi e costumi cui si deve aggiungere anche la difficoltà di comprensione linguistica.